Le reti ETHERNET in dettaglio
Anatomia delle reti Ethernet
La prima versione di rete Ethernet fu sviluppata nel 1976 presso i celeberrimi laboratori Xerox PARC. Il funzionamento si basava su una alta velocità di trasferimento, usando metodi sbrigativi e poco costosi per consentire a chiunque di partecipare alla trasmissione, senza preoccuparsi di stabilire regole troppo rigide per irreggimentare il traffico e occupandosi degli eventuali incidenti (collisioni) solo dopo che erano avvenuti.
La storia ufficiale dice che Xerox iniziò lavorando a 3 Mbit per secondo (Ethernet 1.0) e che l'idea trovò il suo vero sviluppo nel 1982 con il varo di Ethernet 2.0 da parte di Digital Equipment, Intel e Xerox (DIX) che portarono la velocità a 10 Mbit per secondo e si accordarono per definire uno standard che consentisse la libera interconnessione di apparecchiature prodotte dalle tre società. In seguito la standardizzazione venne completata dalla IEEE (Institute of Electrical and Electronics Engineers) che la contraddistinse con il numero 802.3, e da allora IEEE 802.3 è il nome convenzionale per riconoscere il tipo di Ethernet più diffuso al mondo.
Il sistema di funzionamento
La rete Ethernet è di tipo probabilistico, vale a dire che ciascuna stazione di lavoro conta sulla probabilità di accedere alla linea trasmissiva, ma non ha nessuna garanzia che questa sia libera e che lo resti per tutto il tempo necessario per completare la trasmissione. In effetti, lo stesso segmento di cavo viene condiviso da un numero anche elevato di stazioni, ciascuna delle quali si accerta che la linea sia libera prima di iniziare l'invio dei propri pacchetti d'informazione, definiti anche trame.
Tecnicamente questo sistema prende il nome di CSMA/CD: Carrier Sense Multiple Access (accesso multiplo con individuazione preventiva della portante) e Collision Detection (riconoscimento della collisione). Poiché il troncone di cavo coassiale oppure di doppino presenta un certo ritardo nella propagazione dei segnali elettrici, può accadere che qualcuno inizi a trasmettere quasi in contemporanea con un'altra stazione senza accorgersi che la linea è già occupata.
In questo caso i due segnali si scontrano provocando una collisione. A questo punto i due contendenti cessano di trasmettere e lasciano trascorrere un certo tempo, determinato in modo casuale dall'orologio interno, prima di riprovarci (l'intervallo casuale serve ad evitare che lo scontro si ripeta sistematicamente). In virtù di questo sistema molto semplice di controllo degli accessi, Ethernet risulta agile ed economica, tuttavia il suo vero potenziale non corrisponde mai con la velocità nominale di 10 Mbps. Infatti, già dopo che si superano i 5 o 6 Mbps, il numero delle collisioni inizia a moltiplicarsi esponenzialmente e la rete diventa difficilmente utilizzabile.
Il mittente non ha alcun modo per stabilire se le informazioni sono giunte a destinazione visto che, nella maggior parte dei casi, quelli che circolano sul cavo sono datagrammi, ossia pacchetti o trame inviati al destinatario senza prima accertarsi che questo sia presente, contando sull'elevata probabilità che i messaggi giungano effettivamente a destinazione.
Ethernet in ogni caso non garantisce il continuo contatto tra due punti, visto che in qualsiasi momento, trovando la rete libera anche per una frazione di secondo, qualsiasi altra stazione di lavoro può intromettersi e bloccare il flusso (questo non avviene invece sulle reti di tipo deterministico come Token-Ring* , le quali però sono più complesse e costose da realizzare).
Il cablaggio tradizionale
Il comitato 802.3 ha definito tre varianti per Ethernet. La prima si chiama 10Base-5 e si riferisce al primissimo tipo di reti Ethernet utilizzate negli anni Settanta. Il numero 10 indica invariabilmente la velocità trasmissiva (10 Mbps), la parola base è l'abbreviazione di baseband o banda base; infine 5 sta per 500 metri che è la lunghezza massima del singolo segmento di cavo coassiale. Banda base identifica una tecnica trasmissiva in cui sul cavo vengono inviati impulsi che rappresentano una serie di bit, anziché un segnale modulato.
La banda base è una frequenza ben definita. Non si tratta di una trasmissione digitale diretta, poiché gli impulsi seguono una propria codifica per rappresentare i bit 0 e 1, tuttavia l'impiego di una frequenza e di un solo canale lungo il quale deve essere convogliato tutto il traffico della rete.
Esistono in circolazione anche reti Ethernet broadband (banda larga), contraddistinte dal nome 10Broad-36. Qui vengono utilizzati sistemi trasmissivi con modulazione di diversi canali contemporanei sullo stesso cavo coassiale. Ciascun canale dispone di una frequenza propria e risulta separato dagli altri da una banda di frequenza non utilizzata (si chiama banda larga perché la banda di frequenze in gioco è molto ampia in questo caso). Il numero 36 indica che la lunghezza massima di un segmento di queste reti è di 36.000 metri. Si tratta di una versione molto costosa di Ethernet e viene a volte utilizzata in ambito industriale perché abbastanza immune ai disturbi elettromagnetici. Tuttavia la tendenza è di rimpiazzarla con la fibra ottica.
La specifica Ethernet 10Base-5 prevede l'impiego di un cavo coassiale o bus del diametro di quasi un centimetro (RG8) spesso rivestito da una guaina di plastica arancione o gialla (da cui il nome colloquiale di cavo giallo o thick cable). Questo cavo corre come una sorta di biscione lungo l'intera lunghezza della rete accostandosi alle varie stazioni che deve interconnettere ma senza mai toccarle realmente. Il contatto con queste ultime avviene attraverso un cavo di derivazione, chiamato drop cable, che può essere lungo fino a 50 metri e che viene collegato ad un connettore DB15 denominato AUI (Attachment Unit Interface) posto direttamente sulla scheda di rete. L'unione tra drop cable e cavo giallo avviene tramite una speciale scatoletta che contiene un trasmettitore/ricevitore e che per questo motivo assume il nome di transceiver (transmitter/receiver). Il transceiver usati nelle reti 10Base-5 viene innestato sul cavo giallo mediante una complessa operazione di montaggio meccanico, poiché questo è di tipo coassiale e quindi devono essere evitate le possibili interferenze che si generano per contatto tra la maglia esterna e il filo interno. Tra una macchina e l'altra devono esserci almeno 2,5 metri di cavo coassiale. Infine il cavo è talmente rigido e pesante che non è possibile curvarlo se non descrivendo un arco molto ampio.
Questi vari inconvenienti rendono questa prima versione di Ethernet di fatto inutilizzabile per la gente comune e anche le grandi aziende l'hanno ormai abbandonata in favore della fibra ottica.
Le reti 10Base-5 prevedono l'uso di un cavo coassiale di grande sezione (thick cable o bus) e di derivazione che portano alle macchine (drop cable). Le derivazioni si agganciano al cavo mediante un apparecchio di ricetrasmissione chiamato transceiver
Le due alternative moderne
La vera democratizzazione di Ethernet giunse con la nascita di società come 3COM che l'hanno trasformata in qualcosa di abbordabile ricorrendo ad un cablaggio più agile.
Il vero merito di 3COM (fondata in origine da alcuni progettisti usciti da Xerox) è stato proprio quello di intuire le potenzialità del secondo standard di cablaggio Ethernet definito dalla IEEE, vale a dire il modello 10Base-2. Questo tipo di rete è colloquialmente conosciuto anche col nome di cheapernet per sottolineare l'economicità.
Le reti 10Base-2 usano un cavo coassiale dello spessore di circa 5 millimetri, di solito di colore nero o grigio e noto con la sigla di RG58 o colloquialmente thin cable, e sono quanto di più pratico e semplice da installare si trovi in circolazione. Il nome è 10Base-2 perché la lunghezza massima del segmento è di 200 metri (in realtà 185). Il cavo arriva a toccare direttamente la singola stazione di lavoro alla quale si collega per mezzo di uno speciale connettore con innesto a baionetta chiamato connettore a T (di tipo BNC) perché ha tre uscite: una per il cavo entrante, una per il cavo uscente e una per collegarsi direttamente alla scheda di rete. Questo genere di cablaggio consente di aggiungere e togliere stazioni a piacimento. Le macchine possono essere anche molto vicine tra loro (la lunghezza minima è di 50 o 60 centimetri) e non esiste possibilità di errore nel montaggio visto che basta collegare i tre connettori a baionetta. L'inconveniente è che basta sganciare il cavo a un'estremità del proprio connettore a T per provocare l'immediata caduta dell'intero segmento. Per questi vari motivi le reti 10Base-2 diventano poco pratiche quando devono collegare più di 20 o 30 utenti, ma sono estremamente flessibili per tutti i piccoli impianti.
Nelle reti cheapernet, 10Base-2, si usa un cavo coassiale sottile, flessibile ed economico. Il cavo passa da una stazione all'altra agganciandosi alla scheda mediante un connettore a baionetta con tre attacchi (connettore a T)
(1) Un cavo coassiale "sottile" per Ethernet 10Base-2 già dotato di connettore BNC. (2) Un connettore a T che serve a collegare due tratte di cavo coassiale alla scheda di rete. La parte che vediamo davanti (simile al connettore montato sul cavo sopra) s'inserisce nello spinotto che spunta da dietro la scheda. Sui due attacchi maschio s'inseriscono invece gli spinotti del cavo entrante e del cavo uscente. (3) Tutte le schede devono collegarsi alla rete attraverso un connettore a T. Questo vale anche per l'ultima scheda del segmento, come in figura. In questo caso a un estremo del T entra il cavo che va alla prossima stazione, mentre all'altro estremo c'è un terminatore di chiusura (tappo)
Nella realtà i costi maggiori che si abbinano a una rete sono dovuti alla sua manutenzione e non alla sua posa in opera, di conseguenza già verso la fine degli anni Ottanta si è cercato di trovare un sistema alternativo che garantisse una flessibilità e un'economicità paragonabili a quelli della cheapernet ma che eliminasse la debolezza di quest'ultima. La risposta a questa ricerca si chiama Ethernet 10Base-T: il mezzo trasmissivo diventa il doppino ritorto non schermato (Unshielded Twisted Pair - UTP) molto simile a quello usato per gli impianti telefonici. Il costo del cavo si abbassa perciò sensibilmente ed è possibile cablare a priori tutte le postazioni di lavoro presenti in azienda senza preoccuparsi preventivamente se queste verranno o meno collegate in rete. Anzi, usando sostanzialmente la stessa qualità di filo, la rete può essere stesa contestualmente al cablaggio telefonico.
Le macchine non sono più collegate in cascata come nel caso delle versioni 10Base-5 e 10Base-2 bensì hanno una disposizione a stella. Questo significa che ogni singola macchina si connette a un concentratore dal quale partono poi le connessioni verso tutti gli altri nodi, come i raggi di una stella. La tratta da stazione a concentratore (hub) non può superare i 100 metri e non possono esserci sulla rete più macchine di quante siano le porte di connessione disponibili sull'hub. Con questo sistema, però, è possibile staccare una qualsiasi macchina della rete senza influenzare il funzionamento delle altre. Il precablaggio consente di risparmiare sui costi perché i cavi della rete vengono posati tutti nello stesso momento e quindi vengono attivati e disattivati secondo le necessità. E' interessante notare che lo stesso tipo di cablaggio su doppino può essere utilizzato anche per le reti Token-Ring e per le reti ad alta velocità come Fast-Ethernet. Perciò si tratta della soluzione più pratica in assoluto e di quella su cui conviene investire nel caso in cui si desideri realizzare un cablaggio di tipo stabile e strutturato.
Fino a un paio di anni fa le reti 10Base-T non erano alla portata di tutti poiché era praticamente impossibile trovare in circolazione concentratori (hub) a basso costo. I dispositivi avevano almeno 8 porte e venivano costruiti con quel tipo di caratteristiche avanzate che sono indispensabili per una complessa rete di azienda. Di conseguenza le piccole reti venivano costruite con il cavo coassiale sottile. Oggi il mercato offre diversi modelli di hub con 4 porte oppure 8 di costo relativamente basso e perciò la soluzione 10Base-T è alla portata anche del piccolo studio professionale.
(1) Aspetto di un tratto di doppino ritorto non schermato (UTP) a quattro coppie (8 fili) in categoria 5. Va bene sia per reti 10Base-T sia per reti Fast Ethernet, Token-Ring, ATM e molte altre. (2) Un particolare dello spinotto in plastica (RJ45) usato come connettore in tutte le reti che funzionano su doppino. Assomiglia allo spinotto usato nei telefoni, ma è più grande perché deve contenere otto fili. Qui lo vediamo inserito su un doppino ritorto non schermato di categoria 3
Ogni scheda generalmente è dotata di una uscita AUI (Attachment Unit Interface) per consentire la connessione ad un cavo coassiale 10Base-5 (cavo giallo o thick cable) attraverso un transceiver esterno, oltre ad una uscita BNC per la connessione ad un cavo coassiale 10Base-2 (thin cable) oppure RJ45 per l'innesto diretto del doppino; anche se quest'ultima soluzione non è molto robusta e affidabile nel tempo.
Il cablaggio Ethernet più moderno, 10Base-T, prevede l'impiego di doppino ritorto non schermato (simile al filo telefonico) e un concentratore primario (hub)
La commutazione va di moda
Nelle reti con topologia a stella di tipo 10Base-T il concentratore ha essenzialmente la funzione di un amplificatore di segnale, si parla allora di multiporter repeater, che ripete il segnale in ingresso da una porta verso tutte le altre senza fornire nessun tipo di intelligenza e di controllo verso i conflitti. Così facendo si ha un decadimento delle prestazioni rispetto ai 10 Mbps teorici, questo perché il canale risulta condiviso fra tutte le porte.
L'attuale tendenza è quella di ridurre al massimo le collisioni all'interno delle reti Ethernet e di favorire al contempo il pieno sfruttamento della capacità trasmissiva. La situazione ideale è quella in cui sul segmento ci siano solamente il mittente e il destinatario. In simili condizioni non esiste possibilità di collisioni e la linea è sempre sgombra. E' chiaro che questo genere di impianto sarebbe la negazione del concetto stesso di rete locale, poiché una rete deve essere composta da almeno tre dispositivi, altrimenti è semplicemente un collegamento da punto a punto. Alcuni produttori di hub 10Base-T sono riusciti a trovare una via di mezzo tra la situazione ideale di collegamento punto-punto e la tipica condizione congestionata di una rete Ethernet.
La situazione prende il nome di switching hub ovvero concentratori a commutazione. Ne esistono vari tipi con diversi livelli di complessità. Il denominatore è che il concentratore da unità passiva diventa un componente attivo dell'intero sistema e ogni sua porta si trasforma in un ripetitore al quale viene associato un sistema di commutazione ad altissima velocità. Questo commutatore può alternativamente mettere in contatto diretto tra loro una qualsiasi coppia di porte creando così un canale di comunicazione privilegiato tra due macchine, senza che però questo sia un canale fisso. In funzione dell'indirizzo di destinazione indicato nei pacchetti in arrivo il traffico viene smistato su una porta piuttosto che sull'altra. In questo modo si ottiene su ciascun ingresso la quasi totalità della banda passante (la capacità trasmissiva massima che in questo caso è 10 Mbps) e si può reggere un elevatissimo livello di traffico da una macchina all'altra senza aumentare significativamente le collisioni e senza dover modificare in alcun modo l'impianto. Di solito una delle porte di questi hub ha una velocità molto superiore alle altre, ad esempio 100 Mbps, e viene utilizzata per il server. Infatti sono sempre numerose le stazioni che cercano di accedere contemporaneamente al server e ciascuna di queste, in un ambiente commutato, ha la capacità di trasmettere a 10 Mbps o quasi. Con 100 Mbps in uscita si riesce a convogliare verso il sistema centralizzato il traffico di 10 o 11 stazioni periferiche beneficiando per ciascuna di esse della massima banda passante.
Quando si installano hub a commutazione può anche capitare che ad ogni porta venga abbinata più di una stazione. In questo caso lo switching hub viene impiegato per collegare tra loro interi segmenti, magari ciascuno con cinque o dieci macchine. In tal modo si riesce a massimizzare il beneficio dell'investimento e si raggiunge un'efficienza distribuita su un'area più grande dell'azienda. In un segmento Ethernet con solo cinque o dieci macchine attive è raro che si arrivi a livelli di congestione significativi; perlomeno finché saranno basate su bus ISA, ma lo scenario potrebbe cambiare quando queste saranno rimpiazzate da sistemi con bus PCI (Peripherical Component Interconnect).
Nel presente, un hub commutato per l'unione di piccoli segmenti è una sorta di toccasana perché consente di aumentare la lunghezza complessiva della rete (ogni porta funziona da ripetitore perciò il segmento che vi è collegato può raggiungere la massima dimensione consentita dallo standard IEEE 802.3 10Base-T) e di moltiplicarne il rendimento con una spesa molto contenuta.
Nel futuro Fast-Ethernet o 100VG-AnyLAN
Le macchine diventano sempre più potenti, si diffonde l'impiego di applicazioni multimediali e in prospettiva già si vede che le LAN attuali tendono a diventare strette. Il collo di bottiglia si manifesta soprattutto a livello dei server dov'è ormai imperativo superare il limite dei 10 Mbps imposto finora da Ethernet.
Una soluzione abbastanza economica, ma parziale, è quella di creare due percorsi separati attraverso i quali il server possa ricevere e trasmettere contemporaneamente. Questo approccio si chiama Ethernet FULL-DUPLEX e porta la banda passante complessiva a 20 Mbps, ma richiede l'installazione di nuove schede sul server e l'acquisto almeno di un nuovo hub che abbia una porta di questo tipo.
Fast-Ethernet, altrimenti nota come Ethernet 802.3 100Base-X, ci offre l'opportunità di raggiungere i 100 Mbps senza uscire dai confini delle reti 802.3. Si tratta di evoluzione dell'Ethernet tradizionale di cui viene decuplicata la velocità attraverso particolari artifici tecnici che non alterano le caratteristiche dell'Ethernet medesima. Tutto resta uguale: le modalità d'accesso, le tecniche trasmissive, il formato delle trame, le modalità di cablaggio. Le uniche due cose che cambiano sono le lunghezze massime consentite per la rete e la velocità con cui ogni operazione si svolge. Questi due ultimi elementi sono in realtà correlati: visto che i segnali sono dieci volte più veloci e coprono la stessa distanza fisica in un decimo del tempo che sarebbe richiesto su un impianto a 10 Mbps, il rischio di collisione di decuplica e di conseguenza la dimensione complessiva di una rete di questo genere non può superare i 205 metri. Il doppino inoltre deve essere di buona qualità.
La modalità trasmissive sono tre e dipendono dal tipo di cablaggio disponibile. La tecnica 100Base-TX richiede un particolare doppino non schermato di categoria 5 (la migliore) e usa due coppie come nelle reti 10Base-T. La trasmissione avviene a 125 MHz e per ogni quattro bit d'informazione vengono codificati cinque bit di segnale (ridondanza per garantire una certa immunità degli errori).
Lo stesso tipo di segnale può essere convogliato su fibra ottica su una distanza massima di 2 Km e questo ci dà la seconda tecnica di trasmissione: 100Base-FX. Il terzo sistema trasmissivo viene usato infine da chi ha installato doppino ritorno di categoria 3 (il più economico) e non vuole sostituirlo. In questo caso si parla di 100Base-T4 e si usano quattro coppie, tre delle quali per trasmettere (tre canali a 25 MHz) e la quarta per segnalare eventuali collisioni. Poiché le reti Ethernet 10Base-T già funzionano, come abbiamo visto, a 20 MHz, il fatto di salire a 25 MHz non costituisce nessun problema e si possono comprimere le informazioni senza perderne parti significative (100 Mbps trasmessi con 75 MHz).
Fast-Ethernet vanta già numerosi sostenitori e si trovano in circolazione diverse schede Ethernet di fascia medio-alta capaci di trasmettere sia a 10 sia a 100 Mbps sulla stessa porta RJ45. Esistono, inoltre, già alcuni switching hub a 100 Mbps con tecnologia Fast-Ethernet che escono con canali Fast-Ethernet full-duplex (200 Mbps) oppure ATM (Asynchronous Transfer Mode - 155 Mbps) però prove di laboratorio dimostrano che non esiste ancora un server di LAN capace di elaborare le informazioni con velocità sufficiente da tenere testa a resti del genere.
Nell'area dei 100 Mbps troviamo anche un secondo concorrente: 100VG-AnyLAN. Si tratta di un tipo di rete locale che può convogliare trame Ethernet o Token-Ring, pur non essendo parente prossimo di nessuna di queste due tecnologie di rete. Con 100VG-AnyLAN si apre a tutti gli effetti un nuovo filone, tanto che la IEEE ha deciso di dedicarle un comitato ad hoc: l'802.12. Il cablaggio è simile a quello delle reti Ethernet 10Base-T e delle reti Token-Ring su doppino ritorto (802.5). Esiste un concentratore (hub) al quale arrivano quattro coppie di doppino per ciascuna stazione collegata.
L'hub svolge l'azione d'arbitro e attribuisce la possibilità di trasmettere sulla base delle richieste di priorità avanzate dalle stazioni periferiche. Non appena gli giunge una richiesta di priorità ordinaria oppure urgente, l'hub segnala alle altre stazioni che la rete è occupata e aspetta che queste si ammutoliscano (smettano di trasmettere il segnale di "libero") per dare il via libero al richiedente. Quando gli arriva il primo pacchetto, l'hub lo tiene al proprio interno fino a quando gli giunge l'indirizzo del destinatario o dei destinatari. A quel punto il pacchetto viene inviato solo agli interessati, mentre gli altri ricevono il segnale di "via libera". Perciò chi non è intento a ricevere può farsi avanti e prenotare la linea a sua volta, specificando la priorità della propria richiesta. In un ambiente del genere le collisioni non esistono e si riesce a raggiungere un'efficienza massima del 96% contro il 70-80% massimo raggiungibile con una rete Ethernet (valore ottimistico).
Oltre all'efficienza viene anche garantita la continuità nel trasferimento dati nel caso in cui i dati in transito non possano essere frammentati (come nel caso di una sequenza video). Infatti l'hub continua a riservare la linea a chi ne ha fatto richiesta con priorità urgente, occupandosi delle richieste ordinarie solo quando la rete è libera. D'altro canto, per evitare che qualcuno resti in attesa eterna, esiste un meccanismo di "invecchiamento" automatico delle richieste tale per cui dopo un certo periodo di attesa anche le richieste ordinarie passano a priorità urgente.
Vediamo in breve come funzionano le trasmissioni su rete 100VG-AnyLAN cominciando dal caso in cui il cablaggio sia composto da doppino non schermato (Unshielded Twisted Pair - UTP). A condizioni di riposo la workstation si mantiene in costante contatto con l'hub usando due coppie per trasmettere le proprie informazioni di servizio e usando le altre due per ricevere le risposte dall'hub (è durante questa fase che viene inviata la richiesta di priorità).
Quando giunge il momento di trasmettere e ricevere dati tutte e quattro le coppie vengono utilizzate prima in un senso e poi nell'altro (trasmissione HALF-DUPLEX). Su ciascuno di questi canali viaggia un segnale a 15 MHz generato da un clock a 30 MHz al fine di trasportare in modo codificato 30 milioni di codici di informazione per secondo. Sul fronte ricevente, una volta tolte le informazioni di controllo, restano 25 Mbps per ciascun canale (totale 100 Mbps).
Quando si dispone invece di doppino schermato (Shielded Twisted Pair - STP) si usano due coppie per trasmettere e due coppie per ricevere anche simultaneamente (FULL DUPLEX). In questo modo il traffico delle informazioni viene sveltito: il mittente può continuare a inviare pacchetti uno dietro l'altro mentre sull'altra linea riceve conferma di ricezione.
Per certi versi 100VG-AnyLAN è una rete di lusso e al momento viene sostenuta soprattutto da Hewlett-Packard che garantisce sui propri hub lo smistamento delle trame Ethernet secondo le modalità di richiesta prioritaria descritte prima.
100VG-AnyLAN ha il pregio di regolamentare il flusso di informazioni con agilità maggiore rispetto a Token-Ring e di essere molto più affidabile di Ethernet e Fast-Ethernet nel convogliare immagini video in movimento, però richiede l'impiego di hub molto complessi e relativamente costosi.